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Sydney, torniamo con i piedi per terra

Dopo qualche settimana di siccità finalmente riesco a rimettermi seduto davanti al computer a tirare giù due righe per questo diario di bordo di un viaggio cominciato ormai da quasi tre mesi.

Complice il fatto di aver iniziato a lavorare seriamente, per poter stipare più soldi possibili, che ci serviranno poi per proseguire nei nostri spostamenti, risulta più complicato raccogliere le energie a fine giornata per alimentare il processo creativo.




Siamo riusciti entrambi a trovare impiego come camerieri nel quartiere di Paddington e, nel frattempo, abbiamo dato una mano, per quanto sia nelle nostre possibilità, come dog walkers, un altro lavoro molto usuale per i backpakers o chi è qui con il Workin Holiday Visa.

Tuttavia non tutti i mali vengono per nuocere, perchè -nonostante il nostro tempo sia per la maggior parte dedicato allo sfacchinaggio per il momento- siamo riusciti ad entrare più in contatto con quelle che sono le realtà dietro i veli, perchè inevitabilmente ci si ritrova a parlare con i clienti seduti ai tavoli, quando si lavora come camerieri, o anche con i colleghi stessi; e si entra fisicamente nelle loro case a recuperare i cani facendo invece i dogwalker; infine poi, col fatto che la zona dove abitiamo non è eccellentemente collegata con i mezzi pubblici, abbiamo scoperto la funzione pool di Uber, che ti consente di dividere il viaggio con altri passeggeri, in questo modo siamo riusciti ad abbattere notevolmente i costi (quasi un terzo di una corsa normale e poco più di una corsa in pullman) e ci siamo creati la possibilità di avere un confronto con voci differenti, durante i viaggi di rientro dopo il lavoro.

Il contesto australiano da certi punti di vista è invidiabile, da altri invece crea un certo disappunto, risultando controverso e rischiando così di cadere nel semplicismo quando se ne parla.

Per dipingere un quadro generale della situazione sociale si deve intanto partire dal presupposto che l’ australiano medio è economicamente benestante di nascita. Ovviamente il banco di prova che stiamo utilizzando per questo discorso è fatto di sensazioni e ristretto al momento alla città di Sydney, non avendo ancora avuto modo di uscire fuori dalla metropoli, pertanto fa riferimento soltanto al nostro spunto osservativo nel quotidiano; poi nella realtà nessuno nega che l’apparenza possa nascondere dietro di sè realtà totalmente differenti e soprattutto non vogliamo, e non possiamo per scarsità di strumenti, racchiudere l’intera tavolozza che disegna il contesto sociale australiano nella sua completezza.

Comunque, partiamo dal presupposto che ci sono 24,6 Milioni di australiani che abitano un territorio di oltre 7,5 Milioni di Km quadrati, in una Nazione liberatasi dal giogo britannico poco più di 100 anni fa, quando già città come Sydney e Melbourne avevano importanza a livello globale.

Quindi abbiamo un popolo che conta quasi un terzo di persone rispetto a quello italiano, che abita un territorio 25 volte più esteso, ricco di risorse minerarie e materie prime, con un tasso di sviluppo economico secondo soltanto alla Norvegia.

Ne consegue che in questo Paese gira una quantità di denaro enorme e la torta da dividere avrà fette più grandi per ognuno. Quindi le uniche cose che agli australiani davvero mancano sono le persone (intese come braccianti) e una storia propria, essendo una nazione giovane, oltre che grandi riserve d’acqua dolce, altro problema legato a questa terra per lo più arida nel suo entroterra, o come lo chiamano qui “outback”.

Per quanto riguarda la penuria di persone bisogna dire che uno dei grandi meriti della classe dirigente è sempre stata quella di tenere aperte le porte ai flussi provenienti dall’ esterno, ovviamente essendo questa un’isola in mezzo all’ Oceano Pacifico è molto più facile controllare i flussi, perchè gli unici modi di arrivarci sono via mare, con distanze sicuramente più difficili da solcare rispetto a quelle del mar Mediterraneo, o via cielo e conosciamo tutti i rigidi standard di controllo avendo visto Airport Security Australia.

Chiuse queste due grandi parentesi storico-geo-politiche, che avrebbero bisogno di un discorso sicuramente più specifico e approfondito, torniamo al nostro piccolo, nella quotidianità della vita in quel di Sydney.

Camminando per strada si percepisce il buon tenore di vita da particolari come l’alta percentuale di automobili di fascia medio alta che circolano, sinonimo di un’economia galoppante; l’elevato tasso di gravidanze, sintomo di una società positiva e fiduciosa nel futuro; ed altre sfumature di una quotidianità rilassata e generalmente scarsa di disagi, come la tendenza a vedersi ricambiati i sorrisi che si scambiano con i passanti, la tolleranza verso le minoranze, che non sono percepite come una minaccia da questa parte del mondo e la parvenza che chi abita qui abbia a disposizione molto tempo libero da dedicare alle proprie faccende, che siano camminare con i cani al guinzaglio, curare la propria persona o praticare attività sportive.

La gente quindi apparentemente sembra vivere meglio, il sydneysider medio è tonico e curato e scherza e ride seduto al tavolo di un pub con una birra in mano, parla di sport e mette un “Fuckin” tattico nel mezzo di ogni frase; si sveglia presto per fare jogging o andare al mare a surfare le onde del mattino; molti hanno un cane come animale domestico, i più abbienti si rivolgono ai dog walker per portarli a spasso ogni giorno, mentre loro impegnano il proprio tempo in palestra, a fare shopping o lavorando ai piani alti.

Abitano case oggettivamente belle il cui prezzo è uno dei problemi odierni dell’economia locale; infatti, data la grande e rapida crescita, il valore del mattone si è impennato a tal punto da inflazionare i prezzi andando ben oltre il reale valore effettivo, con il rischio di creare grandi danni nel qual caso la bolla creatasi dovrebbe esplodere prima che i conti tornino in pari.

Nei clienti che si siedono ai tavoli si riscontra una gentilezza spropositata, che al primo momento può risultare gratificante, ma che infondo perde di importanza quando si viene ringraziati veramente per ogni minima cosa. Un comportamento tipico è quello di ringraziare e salutare i conducenti dei pullman ogni volta che si scende dal mezzo, come se il fatto che si fermi alla fermata che si ha prenotato per scendere sia un qualcosa di veramente eccezionale.

È a questo punto che guardandosi intorno sembra di essere in un mondo di plastica, che sembra funzionare perchè tutti corrono nella stessa direzione senza farsi domande, come in uno spot americano degli anni 50. È un mondo a parte, lontano dai mali del presente, disinteressato e felice.

Poi ovviamente in realtà non è così, qui sono registrati alti tassi di violenza domestica, abuso di sostanze alteranti come droghe e alcool e suicidi. Questa è l’altra faccia della medaglia, in un sistema democratico che talvolta sfocia in una sorta di fascismo dei bravi ragazzi, basato sulla comunità e sul culto superficiale della persona. Questo fa molto pensare che il bigottismo e l’altezzosità, che negli altri paese emergono nelle comunità elitarie dei benpensanti, qui fa parte del complesso culturale dominante.

Le donne e gli uomini australiani sono belli da guardare, sono statue da ammirare a doverosa distanza, ma avvicinandosi si riescono a scorgere le crepe nei loro marmi; crepe che vengono coperte con trucco pesante, chirurgia estetica e anabolizzanti, ma che rodono da dentro la scultura, rischiando di farla crollare in tanti piccoli pezzettini. Per ora il collante regge e tutto sembra essere giusto così come sia, ma come si comporterà l’Australia quando dovrà affrontare i suoi giorni più bui? Saranno pronti a restare così uniti o scompariranno come bolle di sapone? Speriamo di non saperlo mai, perchè in un certo senso fa piacere sapere che sulla Terra ci sia un posto dove si può vivere dignitosamente ed essere ripagati per i propri sforzi.

Infatti qui la vita dà molte soddisfazioni, soprattutto a livello lavorativo, si guadagna ciò che si merita. Il che non vuol dire che i soldi vengano regalati, semplicemente si viene ripagati a dovere per le proprie fatiche e per il proprio tempo e si può ridimensionare la propria vita con maggior tolleranza rispetto al contesto italiano, dove spesso si lotta per arrivare a fine mese con qualcosa in tasca.

Tuttavia non è facile stabilirsi qui in pianta stabile, bisogna avere specifici requisiti, passare esami di inglese, pagare cifre folli al governo, per visti che rischiano a volte di non passare al vaglio delle commissioni e senza rimborso e scontrarsi con un sistema inflessibile, pronto a rimpatriare tempestivamente chi sgarra. Questa è un’ altra grande risorsa che l’ Australia ha saputo girare a suo vantaggio: le orde di persone che ogni anno varcano i confini per cercare fortuna da questa parte del Mondo, investendo i propri risparmi per venirsi a guadagnare una vita migliore, i quali diventano parte consistente del tesoretto di Stato.

Per nostra fortuna siamo riusciti a sfruttare il Workin Holiday Visa, uno dei migliori per trasferirsi in Australia con il maggior numero di vantaggi, in quanto non si hanno restrizioni di orari per il lavoro, come invece capita per gli student Visa, dove il tempo deve essere scandito da al massimo 20 ore settimanali di lavoro, unite alla frequentazione di un corso di studio; e questo dunque comporta una certa libertà negli spostamenti e nell’ organizzazione della permanenza. Il costo di questo Visto si aggira intorno ai 300€, quindi non è eccessivamente oneroso e ha la peculiarità di poter essere rinnovato per un secondo anno a patto che si lavori nel settore primario per almeno 88 giorni, ovvero nell’ agricoltura, nella pesca, nel minerario o nella produzione di energia.

In questo modo lo Stato australiano ti concede di restare un anno in più a tentare di sbarcare il lunario nelle sue terre in cambio del tuo contributo a sopperire la mancanza di braccianti, uno scambio accettabile a nostro parere.

Comunque sia con regolari 40 ore settimanali come cameriere si riescono a portare a casa circa 4000$ al mese, si vive vicino all’ oceano, e di conseguenza ogni momento di riposo è buono per andare a godersi il mare, si riesce a mettere da parte buona parte di ciò che si guadagna, siamo riusciti a programmare una vacanza a Bali per il sesto mese di permanenza, ci siamo tolti qualche sfizio e sicuramente siamo più felici di quando siamo partiti, non è quindi un caso che molti di quelli che si trasferiscono qui finiscano per rimanerci.

Se quindi è vero che si sente la mancanza di quella frizzantezza europea, derivante dal disagio sociale, che mette pepe nelle nostre esistenze con imprevisti, ostacoli e ingiustizie, ma che fa tanto bene alla crescita dell’individuo, al momento ci riteniamo molto soddisfatti di questa permanenza nella terra dei canguri, perchè era quello che volevamo: capire che a casa nostra siamo letteralmente presi per il culo da chi ci ruba i soldi dalle tasche, perchè le cose possono funzionare, se solo lo si vuole; ma bisogna capire se si preferisce rimanere in una gabbia con due pasti al giorno garantiti o smettere di fingere di vedere che la porta è aperta e tornare liberi, con meno certezze, ma con più leggerezza.



Renato.



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