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Blue Mountains, sospese nell’ azzurro senza fine

È come se il Grand Canyon si fosse ricoperto di un verde azzurrognolo e di brezza montana. Il richiamo della montagna è sempre potente nel cuore dei suoi figli e, per noi che siamo cresciuti ai piedi delle Alpi, non poteva che essere un dovere visitare la più famosa catena montuosa australiana, nonchè patrimonio UNESCO dell’ umanità, le Blue Mountains.




Certo non stiamo parlando di montagne alte e imperiose, qui ci fermiamo intorno ai 1000 metri dal livello del mare, ma nella loro “bassezza” riescono comunque a levare il fiato e riportare l’uomo alla sua piccolezza, come solo i monti sanno fare.

Così quel giorno la sveglia è suonata presto, gli zaini erano già pronti e il pranzo al sacco aspettava in frigo; Central Station di Sydney: il nostro treno era in partenza, salimmo al volo, pochi secondi prima di mettersi in movimento. Direzione Katoomba, cittadina cuore delle Blue Mountains, che da inizio Novecento è stata scelta dai Sydneysiders come zona di villeggiatura e riparo dalla canicola estiva, oltre che zona di rilievo per le sue generose risorse minerarie. Tuttavia prima di questo periodo, le foreste di questa zona del New South Wales erano invalicabili per i nuovi occupanti europei, per via dell’estensione del territorio, animali selvatici e tribù aborigene, ma col tempo riuscirono ad insediarsi anche qui, portandosi dietro una ferrovia che era la stessa che noi stavamo percorrendo in questo momento, mentre la locomotiva si arrampicava sui pendii nel mezzo del verde, portandosi dietro una lunga fila di vagoni. Dal finestrino vedevamo l’orizzonte allungarsi coll’ aumentare dell’altitudine sulla fitta boscaglia di eucalipti, che dominano la zona e sono i responsabili della tipica colorazione che dà il nome alla regione, a causa della secrezione di olio essenziale, il quale evaporando vela il paesaggio con una leggera nebbia azzurrina.

Siamo scesi alla fermata di Katoomba appunto che la mattina era già inoltrata, dopo circa 3 ore di viaggio e appena usciti dalla stazione siamo entrati nel primo punto informazioni per capire quale sarebbe stato il percorso migliore per viverci la giornata. Così abbiamo preso il bus che ci ha condotti fino ad Echo Point, dove la nostra escursione ha avuto inizio.

Qui una grande terrazza si apre su una vallata immensa, che prosegue fino a quando l’occhio può vedere, il panorama lascia dietro sè un silenzio pacifico rotto solamente dal vociare dei turisti, che come al solito riescono a rovinare la quiete della natura.

Prima dell’arrivo dei britannici quest’area era popolata dalla tribù Gundungurra la quale credeva che le vallate fossero il risultato di un combattimento Mirigan e Garangatch, metà pesce e metà rettile, che scavarono con la loro lotta il passaggio della Jamison Valley. Di fatto le Blue Mountains sono un altopiano sezionato, più che una catena montuosa, scavato nella roccia di arenaria, più che levarsi infatti sembra precipitare nella vallata con pareti verticali che possono raggiungere oltre i 700 metri.

Voltando il nostro sguardo sulla sinistra abbiamo poi ammirato Meehni, Wimlah e Gunnedoo tre sorelle della tribù Gundungurra che fecero l’errore di innamorarsi di tre uomini della tribù Nepean, andando contro le leggi a cui erano legate. Ma l’amore era più forte di qualsiasi altra cosa, tanto che i tre uomini decisero di rapirle con la forza, scatenando una lotta tribale. Fu allora che un anziano per proteggerle le trasformò in tre picchi di pietra. Purtroppo a causa della guerra l’uomo morì e nessuno seppe mai più come riportarle alla loro forma umana. Così ancora oggi le tre sorelle vegliano sul ciglio della vallata, malinconiche e splendide vengono baciate dal tramonto ogni sera prima che faccia buio e vengono accarezzate da ogni alba con rispetto e gentilezza, come si deve alle fanciulle perite per amore.

Il nostro girovagare ci ha condotto poi alla Scenic Skyway, una specie di funivia appesa a 270 metri d’altezza che collega due cigli della vallata prospicienti alle cascate di Katoomba (Katoomba falls,) da cui si può ammirare, oltre che le falls da una posizione ottimale, le tre sorelle e tutta la Jaimson Valley. Arrivati sul lato opposto siamo scesi nel cuore della foresta pluviale di eucalipti con la Scenic Railway, la ferrovia più ripida del mondo (52° di pendenza), che attraversando una gola scavata nella roccia, riesce a catapultare i passeggeri in pieno paleolitico. Quando le porte si sono aperte ci siamo ritrovati nel cuore di una giungla dominata da liane e alberi così alti da sfiorare il cielo, intorno solo i suoni di rivoli d’acqua sgorgante e qualche uccelletto da sottobosco che pigolando sgattaiolava tra i cespugli becchettando di tanto in tanto tra le pigne e i numerosi funghi, che giustamente pullulano nella foresta pluviale.

Anche la fauna da queste parti prolifera; le specie che abitano questo habitat sono numerosissime: Koala, ornitorinchi, dingos, wombat e rettili di ogni tipo. Ma non essendoci spinti molto in là con i sentieri, data la scarsità di tempo a nostra disposizione, abbiamo incontrato solo qualche pavone e qualche Cacatua, che a onor del vero non si è mostrato entusiasta della nostra presenza e ci ha scacciati malamente dal suo territorio.

Dopo due ore di camminata tra i boschi ci sentivamo già rigenerati e la stanchezza era pressocchè inesistente, perchè ad ogni passo in realtà ci ricaricavamo di energia al posto di accusare la stanchezza e probabilmente gli oli essenziali degli eucalipti stavano iniziando a fare effetto nelle nostre vie respiratorie.

Lungo il sentiero di tanto in tanto si incontrano gli antichi ingressi delle miniere di Katoomba, da cui si estraeva il carbone e l’argento di cui il ventre di questa conformazione rocciosa è ricca e per i quali inizialmente era utilizzata quella che oggi è la Scenic Railway con cui noi eravamo arrivati.

Il pomeriggio iniziava così a imbrunire e decidemmo di ritornare verso dove eravamo partiti per riprendere il pullman verso la stazione, ma quest’ultima passeggiata decidemmo di farla camminando tra i sentieri che si aggrappano al bordo dell’altopiano, passando tra gli eucalipti che come pali si spingono verso l’alto, bianchi e verdi e con la meraviglia che ci appariva davanti agli occhi ogni volta che il nostro percorso si affacciava sulle terrazze naturali, che si incontrano di tanto in tanto tra la fitta boscaglia. Ad ogni sguardo il sole aveva cambiato colore e con lui il cielo, e con loro le rocce e la foresta che stava sdraiata 600 metri sotto i nostri nasi. Ad ogni occhiata comunque sia la nostra espressione si faceva più rilassata e pacifica.

Nel momento in cui il sole era per metà coperto dalla terra e iniziava a scomparire dove non lo si può seguire, spuntammo sul piazzale da cui si scorgono le tre sorelle e una folla silenziosa ne osservava le linee di arenaria tingersi di rosso. Non si poteva fare a meno di contemplarle, fotografarle, filmarle e sospirare, d'altronde solo loro le vere star dello spettacolo delle Blue Mountain, un’esperienza bellissima.

Ritornammo verso il cuore della cittadina di Katoomba che la notte era già scesa e ci fermammo a cenare prima di perdere il treno di ritorno. A pochi metri dalla stazione, dove il baluardo del progresso tecnologico industriale del primo ‘800, che doveva riportarci a casa, era in ritardo di 2 ore, c’è il Savoy restaurant, un locale fermo nel tempo, precisamente nell’ America degli anni ’70, dove abbiamo mangiato dell’ottima carne e bevuto del buon vino rosso australiano, perchè di fatto una gita in montagna non può dirsi degna se non accompagnata da un bicchiere di rosso che scalda i cuori.

Comunque sia questo piccolo tesoro poco appariscente e opaco di lucentezza è gestito da un’anziana signora che si porta addosso la polvere degli anni come il suo locale e tutto questo risulta molto affascinante, visto che le Blue Mountains sono il luogo perfetto per fuggire dal presente caotico di una città come Sydney, lo è stato dai tempi degli antichi aborigeni e lo sarà per lungo tempo ancora.


Renato.

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