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Berlino, fredda come la Storia

Aggiornamento: 18 dic 2018

La capitale tedesca è dura come i suoi abitanti, sembra funzionare come un sistema perfetto, ma la sua storia parla per lei, ha più cicatrici di quante riesce a nasconderne. Una realtà molto interessante e dalle mille facce, l’impressione che ne abbiamo tratto è che forse dovrebbe accettarsi per ciò che è stata. Noi italiani possiamo capirla bene questa resistenza alla Storia, ma ormai ciò che è scritto è scritto, il futuro conta di più e Berlino farà sicuramente bene il suo percorso.



"Berlino ci son stato con Bonetti, era un po'triste e molto grande".

Pace all'anima del vecchio Lucio, ricordo benissimo l'impatto che ho avuto appena arrivato nella capitale Crucca il 7 gennaio del 2017: le massime previste erano di -2°C e il ghiaccio ricopriva qualunque cosa.

Erano mesi che non staccavo dal lavoro, in quel periodo lavoravo come gestore di un'ottimo ristorante sulla circonvallazione di Milano, una pizzeria, risotteria e "carneria" di buon livello.

Quindi Berlino: che dire di una delle città simbolo del nazismo e della trasgressione?

Il popolo tedesco è strano agli occhi di un italiano medio come lo sono io: danno la precedenza, aspettano il verde per attraversare, sanno stare in fila, parlano in modo composto, sono puliti e non soffrono di un'apprensione cronica nei confronti della propria prole; sono davvero fastidiosi.

Abbiamo approfittato del compleanno di Michela per prenderci questi cinque giorni di relax e ovviamente abbiamo cercato l'hotel nelle vicinanze del pluricitato Zoo di Berlino.

Grazie al sito #piratinviaggio siamo riusciti a trovare un'ottima offerta che ci ha permesso di pagare volo andata e ritorno e 4 notti (+ una omaggio) in un bell'hotel 4 stelle con camera al piano alto, dalla cui vetrata si godeva una vista fichissima delle misteriose nottate del Brandedurgo.

Il quartiere dello Zoo ce lo aspettavamo diverso, le scene viste nel capolavoro di Uli Edel sono, ormai, un romantico ricordo dell'antica gloria tossicomane, che accompagnò le grandi città mondiali verso la fine del XX Secolo; ora qui sorge il cuore pulsante della finanza Berlinese, ma alzando i nasi sulle cime dei palazzoni si stagliano tuttora fieri i simboli della Mercedes e della Bayer;

Quindi, con David Bowie nelle orecchie, ci siamo messi in marcia alla scoperta della City, con indosso tutti i vestiti che ci eravamo portati dietro, per sopravvivere in qualche modo al gelo porco che ci teneva compagnia.

Abbiamo visto tante cose in questa bellissima gita: il museo dell'olocausto, posto di recente e triste fama per via della moda di mettersi in posa per scattarsi selfies buffi e commemorativi, quelle eleganti statue affacciate sullo Sprea quadrettato dalle lastre di ghiaccio, un puntale di albero di natale mega gigante che troneggiava su Alexander Plaz (che penso fosse una torre radio o qualcosa del genere), Berlino Est (parte non da visitare, ma da assaporare e vivere intensamente) e ancora i monumentali palazzi della germania imperiale;

quello di cui andiamo a parlarvi in questo articolo invece si basa su fatti personali realmente accaduti di cui vogliamo mettervi al corrente; perchè potrebbe capitare a chiunque di organizzare una passeggiata fuori porta, in pieno inverno, in una città dell'Europa continentale, perchè non può permettersi altro.

Dovete sapere che Michela è svenuta a causa del freddo di fronte al Palazzo del Reichstag, imbarazzante doverla tenere a gambe all'aria in mezzo ad una piazza affollata, entrambi vestiti di nero, circondati da una bianca e silenziosa coltre di neve. Ma nessun problema, ai tedeschi non frega un cazzo. Quindi nessuno ha fatto caso a noi.

Il nostro errore è stato quello di rintanarci in un Dunkin' Donuts a ingozzarci di ciambelle e cioccolata bollente. Una volta usciti, una folata di ghiaccio ci è piombata dritta in faccia e fu congestione istantanea.


Molto pericoloso! In culo a Jay Alvarrez e ai suoi lanci con il paracadute, questo è estremo!


Tutto era reso più ridicolo dal fatto che non era così strano voltarsi e trovarsi di fronte a vichinghi in maniche corte, mentre noi eravamo vestiti come Reinhold Messner in cima all' Everest.

Subito i nostri spiccati spiriti di adattamento si attivarono e iniziammo ad osservare la realtà intorno a noi, alla ricerca della chiave di volta dell'immunità nordica contro il freddo, da rubare agli autoctoni di queste lande glaciali. Fu così che ci accorgemmo di quanto alcool bevono, non del tutto in modo ludico.

Effettivamente scaldarsi da dentro potrebbe essere una soluzione molto più pratica che bloccare fuori il freddo, così iniziammo a bere come i bastardi, alternando ogni tre quarti d'ora una pausa pinta di birra accompagnata da un caldo shottino di Jägermeister.

Abbiamo il piacere di comunicarvi che i giorni seguenti sono stati una passeggiata. Il miglior modo di resistere al freddo quindi è inquartarsi come cammelli alcoolizzati. Finalmente abbiamo un motivo in più per ringraziare i tedeschi oltre Johann Wolfgang von Goethe e i mondiali del 2006 -In vita mia non avrei mai pensato di trovare Goethe e i mondiali del 2006 nella stessa frase-.

Un'altra cosa importante da sapere sulla città più quadrata che ho visto finora, è che è piena di pazzi fulminati con i quali sarebbe meglio non approcciarsi. Ma lo strano e l'inquietante hanno una forza attrattiva che ci trascina inesorabilmente, come le falene con i lampadari.

Per questo ho ritenuto fosse una magnifica idea chiedere indicazioni su quale treno montare, per tornare verso lo Zoologischer Garten ad un simpatico omino: vestito con un elegantissimo completo mimetico logoro e sgualcito, un graziosissimo tatuaggio sulla fronte rappresentante una corona di filo spinato, due bellissimi occhi azzurri, uno dei quali contornato da una sobrissima esplosione capillare, che sprigionava un rosso acceso, perfettamente intonato con le sue gengive sanguinanti.

A quanto parte il mio perfetto inglese non deve averlo convinto, dal momento che la sua forse un po' troppo passionale risposta, è stata quella di spaccare la bottiglia di Vodka semivuota che brandiva tra le sue mani livide, venendomi incontro sputando urlanti parole tedesche di facile interpretazione: "adesso te lo faccio vedere io dove va questo treno". Quindi siamo dovuti scappare sul primo treno di passaggio.

Berlino è bella, non meravigliosa, ma ricca di storia e vita; è una città che funziona e che non ha paura di 'dove sta andando', magari un po’ di ‘da dove viene’, ma si mette in gioco e lascia spazio alla creatività, tuttavia recintandola negli spazi e nei tempi adatti; qui c'è un tempo per rigare dritto e c'è un tempo per perdersi, ma questi due mondi coesistono su rette parallele, che non devono mai incontrarsi per continuare a funzionare.

L'immagine che più ci resterà impressa -e che secondo noi racchiude ciò che è stato detto finora-, di questa ambigua città, è la Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche, detta più comunemente "Chiesa della memoria", un documento architettonico Neoromanico di fine '800, che nel 1943 fu bersaglio di uno dei bombardamenti che colpirono la capitale del Terzo Reich. Tuttora questa Chiesa non è stata restaurata e appare tuttora smembrata dalle bombe; ribattezzata, a causa del tetto bucato, con il nome der hohle Zahn (il dente cavo), è stata affiancata da una nuova casa di Dio, moderna e innovativa, contenente un migliaio di persone e la cui forma ricorda vagamente una scatola da cipria, addobbata con mille ricchezze e crismi.

Ma il "dente cavo" rimane al centro di tutto questo nuovo che avanza, come una carie che rovina il sorriso della gloriosa storia germanica, simbolo di anni duri e difficili da dimenticare, ma che rimarranno per sempre impressi nella trama del tessuto sociale e ricordano a chi deve ancora venire, a chi ordirà i fili del futuro, che l'igiene dentale è fondamentale e va salvaguardata. Altrimenti ci troveremo ad essere dei vecchi sdentati senza sorriso, o dei popoli sconfitti senza più una Storia.



Renato

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